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giovedì 28 marzo 2013

Attività Immateriali e Intangibili

Une Bene Intangibile deve:
-1)essere all'origine di costi a utilità differita nel tempo
-2)essere misurabile nel suo valore
-3)essere trasferibile

1)Il bene deve essere oggetto di un significativo flusso di investimenti. Il bene deve garantire dei benefici economici futuri, nell'arco di più anni, così da ricoprire gli oneri sostenuti e per apportare un guadagno economico quantificabile.
2)Il bene deve risultare misurabile,attraverso il costo sopportato per mantenerlo,per produrlo,valutando il prezzo a seguito di una cessione oppure misurando il contributo apportato dal bene alla formazione del reddito.
3)Il bene deve avere una propria autonomia.E' possibile che il bene sia trasferibile congiuntamente ad altri beni di varia e diversa natura. In questo caso si parla di autonomia relativa.Il requisito di trasferibilità tutela dal rischio di duplicazione o sovrapposizione nella considerazione della risorsa.Da notare che spesso ai fini definitori della materia intangibile è abbandonato il criterio di trasferibilità.A volte si rischia di misurare una parte più ridotta del patrimonio aziendale.

I beni immateriali sono,semplicisticamente , attribuili a due grosse categorie:
-Marketing (es. marchi,costi di pubblicità,reti di vendita)
-Tecnologia (es. brevetti,costi di ricerca/innovazione)

I beni immateriali, inoltre, possono essere divisi in due categorie:
-identificabili o non identificabili

Quelle identificabili possono essere individuate separatamente dal complesso economico.
Quelle non identificabili non sono autonome rispetto al complesso economico.Il loro valore non è valutabile, perchè è insito nel valore dell'azienda. Contribuiscono in gran parte alla formazione dell'avviamento d'impresa.

-palesi o latenti

Quelli palesi sono presenti e identificabili nel Bilancio.
Quelli latenti non dipendono da costi specifici,non trovano iscrizione tra le attività (es. le capacità dei manager, l’immagine positiva dell’impresa,un buon rapporto con i fornitori).

La classificazione delle immobilizzazioni immateriali proposta dal Legislatore
nazionale è contenuta nell’art. 2424 del codice civile e prevede le seguenti categorie:
1. costi di impianto e ampliamento;
2. costi di ricerca e sviluppo e pubblicità;
3. diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4. concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5. avviamento;
6. immobilizzazioni in corso e acconti;
7. altre.

Le categorie suddette possono essere suddivise, secondo le caratteristiche e le
condizioni per la loro iscrizione, in tre raggruppamenti:
a) beni immateriali;
b) costi ad utilità pluriennale;
c) avviamento.

a)accoglie quegli elementi immateriali dotati del requisito della trasferibilità. Si tratta solitamente di beni privi del requisito della fisicità, ma dotati di una loro specificità, separabile dal complesso aziendale; tali beni sono dotati di una autonomia economica.
In tale raggruppamento sono ricompresi: brevetti, marchi,licenze industriali, diritti di utilizzo di software e simili.

b)I costi ad utilità pluriennale costituiscono oneri che manifestano la loro economicità non sul singolo esercizio, ma hanno attitudine a produrre valore nel tempo.Condizione per l'esistenza di tali oneri è la loro utilità pluriennale, che costituisce anche l’aspetto di criticità, sia circa la loro attitudine a produrre “sovra reddito” che nella quantificazione dell’arco temporale di realizzazione di benefici reddituali (ammortamento). Tale categoria ricomprende i costi di impianto e ampliamento, i costi di ricerca e sviluppo, quelli di
pubblicità ed eventuali altri costi pluriennali.

c)L’avviamento rappresenta quell’ insieme di valori e risorse intangibili, non esattamente identificabili, strettamente collegate al complesso aziendale, di cui costituisce una parte inscindibile, suscettibile di svariate definizioni, rappresentazioni e quantificazioni.

Come viene calcolata un'attività immateriale?
Il legislatore ci complica un pò la vita...
Il valore di un' immobilizzazione immateriale è direttamente vincolato all’esistenza di detta utilità futura, senza la quale perde la sua ragion d’essere. L’OIC 24 stabilisce che tale limite è costituito dal cosiddetto “valore recuperabile”, definito come il maggiore tra il presumibile valore ottenibile da un’alienazione del bene immateriale e il suo valore d’uso, inteso come attualizzazione dei flussi di cassa derivanti dall’utilizzazione dell’immobilizzazione, applicando un tasso di attualizzazione commisurato al tasso d’interesse proprio degli investimenti privi di rischio (tipicamente i titoli di stato) e al premio di rischio inerente al settore di attività e al mercato di riferimento dell’impresa.

I beni immateriali costituiscono beni di natura intangibile, dotati di autonoma capacità produttiva, in grado di essere scorporati separatamente dal complesso aziendale, passibili di essere ceduti autonomamente e, solitamente, dotati di una titolarità di sfruttamento da parte dell’impresa, spesso garantita da una tutela di tipo
giuridico.
Possono essere acquisiti esternamente o essere realizzati internamente: nel primo caso, il loro valore normalmente coincide con il costo d’acquisto maggiorato dei relativi oneri accessori; in caso di costruzione interna, viene quantificato imputando i costi diretti sostenuti dall’impresa, la quota di costi indiretti ragionevolmente imputabili ed eventuali oneri finanziari specificatamente finalizzati alla realizzazione
dei beni.

Tipologie di attività immateriali.

Diritti di brevetto industriale
L’iter finalizzato all’iscrizione del diritto di brevetto industriale si articola in varie fasi: la prima è rappresentata da un periodo di ricerca generale e specifica rivolta ad un certo progetto; quindi, terminata la fase di ricerca, una volta che l’invenzione è ultimata e possiede le caratteristiche che ne consentono la brevettabilità, si passa alla fase volta all’ottenimento della tutela giuridica, presentando la domanda di brevetto all’autorità competente (i costi sostenuti in tale fase possono essere iscritti all’attivo patrimoniale di bilancio come know-how e sottoposti ad ammortamento, qualora ne sia iniziata l’utilizzazione economica). Una volta ottenuto il brevetto, si procede con l’iscrizione in bilancio dei costi complessivamente sostenuti.

L’ottenimento della tutela giuridica consente l’utilizzo in esclusiva del brevetto,ma non è di per se stessa sufficiente: infatti, l’impresa deve valutare l’esistenza di risorse adeguate per l’utilizzo e l’applicazione dello stesso, nonché la recuperabilità dei costi sostenuti mediante benefici economici futuri attesi, direttamente discendenti dall’impiego dello stesso.
Devono sussistere le condizioni perché si realizzi un vantaggio economico differenziale dall’utilizzo dell’invenzione, che può estrinsecarsi in benefici derivanti da maggiori ricavi o in termini di minori costi, e deve essere tale da coprire i costi sostenuti per l’ottenimento dello stesso.
Qualora tali benefici nel tempo dovessero venire meno o diminuire, il valore residuo dei brevetti deve essere
opportunamente ridotto (impairment test).

I diritti di brevetto possono essere acquisiti mediante acquisizione a titolo originario o da terzi.
Qualora siano prodotti internamente (acquisto a titolo originario), si capitalizzano i costi di produzione della ricerca e quelli accessori relativi alla domanda ed all’ottenimento degli stessi. I costi legati ad eventuali successive modificazioni od implementazioni possono essere capitalizzati soltanto se generano ulteriori benefici identificabili rispetto a quelli previsti originariamente.
In caso di acquisto da terzi, il valore capitalizzabile è rappresentato dal costo di acquisto e dai relativi oneri accessori.
Per quanto concerne l’ammortamento, oltre a quanto illustrato in generale precedentemente circa i beni immateriali, la vita utile dei brevetti industriali corrisponde alla loro residua possibilità di utilizzazione, con un limite massimo corrispondente alla durata legale del brevetto (solitamente 20 anni); in base a criteri di prudenza è opportuno prestare particolare attenzione all’analisi dell’utilità futura, che, spesso, a causa dei repentini cambiamenti tecnologici o dei mutamenti del mercato di riferimento (ad esempio, l’immissione da parte della concorrenza di un prodotto tecnologicamente più avanzato, o l’obsolescenza di un macchinario strettamente connesso all’utilizzo dell’invenzione), può essere decisamente più breve rispetto alla
durata legale dello stesso.

In alternativa al piano di ammortamento a quote costanti, può essere utilizzato un piano a quote decrescenti, per consentire una maggiore correlazione tra il costo annualmente “spesato” a conto economico e i benefici attesi. In alternativa, è, altresì, possibile adottare un piano basato sui volumi di produzione realizzata mediante l’impiego del brevetto, anche se tale metodo è piuttosto aleatorio in quanto si fonda su piani previsionali dell’impresa.

Diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno (diritto d’autore)
A differenza dei brevetti, la tutela giuridica nasce direttamente con la creazione dell’opera e non è condizionata alla presentazione di particolari domande o alla sua registrazione. La rappresentazione intellettuale diretta alla comunicazione costituisce essa stessa condizione sufficiente per la nascita del diritto di esclusiva in capo al suo autore, che ne conserva il diritto di utilizzazione economica durante la sua vita e 70
anni dopo la sua morte; successivamente a tale periodo diventa di dominio pubblico.
L’autore delle opere dell’ingegno, pertanto, è titolare dei diritti sulle stesse, anche se il loro utilizzo può essere concesso ad altri.

N.B.:
In tale sede, meritano un breve cenno i costi sostenuti per i programmi software, che il D.Lgs. 518/1992 - con cui è stata recepita la direttiva Ce n. 91/250 - ha incluso tra i diritti tutelabili secondo la legge sul diritto d’autore. Ai fini dell’analisi, è opportuno operare una distinzione tra software di base (insieme di istruzioni ed elementi indispensabili per l’utilizzo dell’hardware) e software applicativo (funzioni particolari legate a specifiche applicazioni o di utilità individuale): mentre il primo,considerata la stretta complementarietà con il sistema hardware, solitamente viene capitalizzato assieme al bene materiale stesso (computer), il software applicativo viene normalmente incluso tra le immobilizzazioni immateriali. In particolare, se acquisito a titolo di proprietà o a titolo di licenza d’uso a tempo indeterminato, viene iscritto tra i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, mentre se viene utilizzato a titolo di licenza d’uso a tempo determinato, qualora per l’utilizzo dello stesso sia previsto il pagamento di un importo una tantum, tale corrispettivo viene iscritto nella
voce Concessioni, licenze, marchi e diritti simili.

Concessioni, licenze, marchi e diritti simili.
Le concessioni derivano da un potere/diritto concesso dalla Pubblica Amministrazione a fronte dell’utilizzo di beni o servizi pubblici.


Le licenze sono autorizzazioni concesse per l’esercizio di particolari attività regolamentate, quale, ad esempio, l’esercizio di vendita di beni al dettaglio; possono essere di derivazione pubblicistica (licenze amministrative) o privatistica (licenze d’uso su brevetti, modelli, ecc.); in tale ultimo caso, normalmente, sono connesse al diritto principale cui si riferiscono e, pertanto, vengono con esso capitalizzate.




Il marchio costituisce l’elemento distintivo dell’azienda o di un prodotto fabbricato o commercializzato dalla stessa.Le caratteristiche che lo stesso deve possedere, per poter essere tutelato giuridicamente e registrato, sono la liceità, l’originalità e la novità; è consentita una particolare forma di tutela, anche in mancanza di registrazione dello stesso, in caso di preuso (art. 2571) e sempre che rappresenti effettivamente un elemento distintivo dell’azienda.Può essere prodotto internamente o acquisito da terzi, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito, ma in tale ultimo caso non può essere iscritto all’attivo patrimoniale.

Costi ad utilità pluriennale
L’art. 2426, comma 1, n. 5 del codice civile stabilisce che:


I costi di impianto e ampliamento, quelli di ricerca e sviluppo e i costi di pubblicità, dotati di utilità pluriennale, possono essere iscritti tra le immobilizzazioni immateriali, qualora dotati dei requisiti previsti per la capitalizzazione.

si desume che tale iscrizione,
Considerata l’alta aleatorietà legata alla stima di tali componenti, sia discrezionale: infatti, mentre i beni immateriali, in particolare quelli di cui si è ottenuta la protezione legale, vanno obbligatoriamente iscritti tra le immobilizzazioni, la capitalizzazione dei costi pluriennali è lasciata al libero arbitrio di chi predispone il bilancio.Tale orientamento genera un certo “soggettivismo” nella rappresentazione delle operazioni aziendali, potendosi verificare situazioni in cui determinati costi, dotati di caratteristiche analoghe, trovino differenti modalità di espressione nella sintesi d’esercizio.


L’art. 2426 prevede due limiti nel trattamento dei costi ad utilità pluriennale relativi a:
1) il periodo massimo di vita utile: il periodo di ammortamento non può superare 5
anni;




2) il vincolo alla distribuibilità di dividendi: finché non si è completato l’ammortamento, devono essere mantenute riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare di tali costi non ancora ammortizzati.

Costi di impianto ed ampliamento

Il codice civile, come per le altre tipologie di costi ad utilità pluriennale, non fornisce una spiegazione di cosa si intende per “costi di impianto ed ampliamento”; l’OIC 24 definisce gli stessi come oneri sostenuti dall’impresa in modo non ricorrente, in precisi e caratteristici momenti, in particolare, in tre fasi della vita dell’impresa o dell’azienda:
a. pre-costitutiva;
b. costitutiva;
c. ampliamento.


La prima tipologia è rappresentata dai costi definiti dall’OIC 24 di start-up, ovvero quegli oneri sostenuti nella fase propedeutica alla costituzione di un’impresa o all’avviamento di una nuova azienda o di una nuova attività, quali ricerche di mercato, costi di allacciamento di servizi generali, costi di pubblicità di pre-apertura
di un nuovo centro commerciale, spese per studi preparatori e così via.

La seconda tipologia, ovvero i costi relativi alla fase costitutiva, sono tutti gli oneri direttamente sostenuti per la costituzione vera e propria dell’impresa o dell’azienda: sono tali i costi inerenti l’atto costitutivo, quali la tassa di registro, le parcelle notarili, gli oneri professionali e gli oneri d’iscrizione al registro imprese.


I costi di ampliamento sono, infine, quei costi sostenuti in condizioni non ricorrenti, finalizzati all’accrescimento dell’impresa o allo sviluppo dell’attività aziendale. Si tratta di oneri sostenuti in misura tale da poter essere definiti di natura straordinaria, che esula dal normale processo di sviluppo dell’impresa. Sono costi di ampliamento: le spese per l’aumento del capitale sociale, quelle sostenute in occasione di operazioni straordinarie quali fusioni, scissioni, trasformazioni, le spese per l’ammissione alla quotazione in borsa, quelle legati all’ampliamento dell’attività che comportano un’espansione della capacità produttiva significativa dell’azienda.



L’OIC 24, fornisce alcuni esempi di particolari costi pluriennali: i costi di addestramento e qualificazione del personale e/o degli agenti, i costi straordinari di riduzione del personale, i costi di avviamento di impianti di produzione.


Particolare attenzione deve essere rivolta all’esistenza dei presupposti di recuperabilità in termini di redditività della nuova impresa, azienda o attività aziendale, valutazione non sempre agevole. Ne consegue che la sussistenza delle condizioni necessarie al permanere del loro valore all’attivo patrimoniale deve essere periodicamente verificata, soprattutto in presenza di riduzione di utili o di perdite, anche se di carattere non permanente; in tali casi potrebbe essere opportuno provvedere ad una svalutazione parziale o totale in
relazione alla diminuzione della prevista recuperabilità.

Costi di ricerca e sviluppo
− costi per la ricerca di base: il complesso di studi, esperimenti e ricerche non rivolto ad una finalità precisata, ma di utilità generica all’impresa, e come tale facente parte della ricorrente operatività dell’impresa imputabile come costo di periodo;

− costi per la ricerca applicata: l’insieme di studi, ricerche, indagini e sperimentazioni finalizzate ad uno specifico progetto, utili alla realizzazione di un nuovo prodotto o processo produttivo;
− costi per lo sviluppo: lo sviluppo consiste nell’applicazione dei risultati della ricerca ai fini della realizzazione di un progetto o prodotto nuovo o sostanzialmente migliorato (ad esempio, nuovi materiali, processi o servizi).

Costi di pubblicità
Il legislatore ha inteso ricomprendere soltanto le spese pubblicitarie sostenute in connessione ai costi di impianto e ampliamento. In tal senso, ha voluto sottolineare che deve trattarsi di spese pubblicitarie dotate oltre che di eccezionalità, altresì strettamente collegate al “lancio” di nuovo progetto o all’avvio di nuova attività. Quindi, deve essere verificata l’effettiva riuscita del nuovo progetto e l’attitudine della spesa stessa a concorrere a tale riuscita in termini di importanti e duraturi ritorni economici.


Avviamento
Una delle formulazioni più condivisibili : è un complesso di condizioni proprie dell’azienda, quali la sua ubicazione, le competenze tecniche e le qualità morali del personale, la nomea che la stessa si è creata nell’ambiente esterno e tra la clientela, l’esperienza e la sua tradizione produttiva, che fanno sì che dalla sua gestione si crei una redditività per mezzo della quale è possibile attribuire al capitale economico un valore superiore rispetto al “capitale di gestione”.




Da un punto di vista contabile, l’avviamento, come sopra definito, trova una forte limitazione nella di bilancio, in quanto viene iscritto soltanto se acquisito a titolo oneroso in presenza di operazioni di acquisizione di complessi aziendali o di partecipazioni.


I principi contabili
distinguono, inoltre, “l’avviamento internamente generato” dall’“avviamento derivativo o derivato”. Il primo non è iscrivibile in bilancio, è il frutto di una gestione aziendale efficiente, non è derivante dal sostenimento di alcun costo, ma è generato internamente, pertanto, è privo dei requisiti fondamentali per la sua rilevazione
contabile. Il secondo si genera a seguito di un’operazione di acquisizione d’azienda, ramo aziendale, o di partecipazioni, o da operazioni di conferimento, scissione o fusione, ed è l’unico che trova rappresentazione nella sintesi d’esercizio, in quanto comporta il sostenimento di uno specifico costo.


Pertanto, le caratteristiche fondamentali dell’avviamento individuate dai principi
contabili sono:
a) il sostenimento di costi ed oneri ad utilità differita, in grado di generare benefici economici futuri;
b) l’identificazione di un valore quantificabile, incluso nel corrispettivo per l’acquisizione d’azienda o ramo aziendale o partecipazione;
c) la mancanza di una vita propria, separabile dal complesso aziendale, suscettibile di propri diritti e rapporti autonomi.





L’ammortamento dell'avviamento: secondo il codice civile esso non dovrebbe eccedere il limite di cinque anni, tuttavia può essere allungato entro il limite dell’utilizzazione futura di tale risorsa. L’OIC 24 stabilisce
che l’ammortamento dell’avviamento debba essere rilevato in base alla vita utile dello stesso, e debba avvenire sistematicamente, preferibilmente per quote costanti; prevede, altresì, la possibilità che sia fatto per periodi superiori ai 5 anni prescritti dal codice civile, ma prescrive che non superi i 20 anni.






Principi internazionali dello Ias/Ifrs ai fini contabili di società quotate su mercati regolamentati.


Secondo quanto previsto dai principi contabili internazionali, può essere considerata un intangible una risorsa che è:
a. un’attività (asset);
b. priva di consistenza fisica;
c. non monetaria;
d. identificabile.

Per quanto concerne il requisito dell’identificabilità, lo IASB chiarisce quali sono i criteri da soddisfare perché un’attività immateriale possa dirsi identificabile; tale condizione viene rispettata se, e solo se, la risorsa intangibile 124:

− è separabile: significa che la componente immateriale può essere trasferita, separata, ceduta, locata in modo autonomo rispetto all’entità, sia da sola che insieme ad altre attività o passività; la risorsa immateriale può essere, quindi, oggetto di un autonomo negozio giuridico.
− deriva da forme contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano separabili o trasferibili dall’entità o da altri diritti o obbligazioni.

A tal riguardo, specifiche disposizioni vengono elaborate dai principi contabili internazionali per le seguenti tipologie di risorse immateriali: know-how, capitale umano e relazione con la clientela.

Dalla conoscenza di mercato e dalla conoscenza tecnica (il know-how) possono derivare benefici economici futuri qualora l’impresa sia in grado di proteggere le conoscenze attraverso diritti legali, come, ad esempio, i diritti d’autore, o grazie a forme contrattuali quali accordi commerciali, permessi, restrizioni, obblighi di riservatezza da parte dei dipendenti. Viceversa, in mancanza di forme di tutela giuridica, la presente tipologia di risorse non è soggetta al controllo da parte dell’impresa e non può essere, quindi, considerata un asset immateriale.


Un ulteriore elemento di successo per l’impresa è rappresentato dalla disponibilità di particolari competenze del personale. Come già osservato nei paragrafi precedenti, l’identificazione del capitale umano quale componente strategica del successo dell’impresa è un concetto ampiamente condiviso negli studi economico-aziendali. Pertanto, tali elementi difficilmente soddisfano la definizione di asset intangibili, a meno che non siano anch’essi soggetti a una forma di tutela giuridica che ne garantisca il pieno ed esclusivo utilizzo, nonché l’ottenimento dei connessi benefici economici futuri attesi.


Le relazioni con la clientela e la fedeltà commerciale possono agevolare la continuità nei rapporti commerciali
intrattenuti dall’entità produttrice con i clienti. È ragionevole pensare che, grazie alle relazioni positive allacciate in precedenza e alla fedeltà venutasi a creare, i rapporti commerciali permangano, anche qualora si verifichi un trasferimento dei diritti di proprietà. In assenza di diritti legali o contrattuali è difficile pensare ad un controllo da parte dell’impresa su elementi quali il portafoglio clienti, la quota di mercato, le
 commerciali e la fedeltà della clientela.

Classificazione intangibili:

A. Intangibili legati al marketing
1. Marchi
2. Domini di Internet
3. Imballaggio commerciale
4. Testate giornalistiche
5. Accordi di non concorrenza
B. Intangibili legati ai rapporti di clientela


1. Clientela (customer list)
2. Portafoglio ordini
3. Relazioni contrattuali con clienti
4. Relazioni non contrattuali con clienti
C. Intangibili riguardanti opere dell’ingegno o beni artistici
1. Commedie, opere, balletti
2. Libri, riviste, quotidiani e altre opere letterarie
3. Lavori musicali, come composizioni, testi di canzone e jingle pubblicitari
4. Immagini e fotografie
5. Materiali audiovisivi come disegni animati, video musicali e programmi televisivi
D. Intangibili basati sui contratti
1. Accordi di licenze e royalties
2. Contratti pubblicitari, di costruzione, di gestione, di servizio, di fornitura
3. Contratti d’affitto
4. Permessi di costruzione
5. Contratti di franchising
6. Diritti di trasmissione
7. Diritti d’uso (aria, acqua, …)
8. Contratti di manutenzione e diritti derivanti da ipoteche
9. Contratti di mutuo
E. Intangibili basati sulle conoscenze tecnologiche
1. Brevetti
2. Software
3. Tecnologia non brevettata
4. Banche dati
5. Segreti di produzione (formule, processi, ricette)


Valutazione iniziale e modalità di acquisizione
Ai fini della rilevazione in bilancio del valore delle attività immateriali si individuano due operazioni fondamentali:
− la valutazione iniziale, da effettuarsi nel momento in cui il bene viene compreso nel patrimonio aziendale;
− la valutazione successiva, che si verifica ogniqualvolta venga rilevata in bilancio l’attività dopo l’iscrizione iniziale.




Di seguito vengono analizzate le modalità di acquisizione delle attività immateriali previste dallo IAS 38 così annoverate:
− attività acquisite separatamente;
− attività generate internamente;
− attività acquisite attraverso contributi pubblici;
− attività acquisite attraverso operazioni di permuta;
− attività acquisite in operazioni di business combination.

Rientrano nel valore contabile tutte le spese inerenti la creazione, produzione e preparazione del bene, necessarie per poter utilizzare l’attività immateriale secondo quanto prospettato dal piano programmatico

aziendale.
Esemplificazioni dei costi imputabili e non imputabili.
Costi direttamente imputabili 
a. le spese per materiali e servizi utilizzati o consumati nel generare l’attività
immateriale
b. costi per i benefici per i dipendenti connessi alla realizzazione delle attività
immateriali
c. imposte per registrare un diritto legale
d. ammortamento dei brevetti e licenzeutilizzati per la realizzazione degli asset
intangibili
Costi non imputabili
a. spese di vendita, amministrative e altre spese generali, salvo quelle attribuibili direttamente alla preparazione dell’attività
b. inefficienze chiaramente identificate e costi operativi iniziali sostenuti prima che il bene raggiunga i livelli di
efficienza programmati
c. spese relative alla formazione del personale e alla gestione dell’attività

Valutazione successiva all’iscrizione iniziale

I modelli di valutazione:
Successivamente all’iscrizione iniziale, un’attività immateriale deve essere rilevata in bilancio utilizzando uno dei seguenti modelli alternativi di valutazione:
− cost model, in base al quale un intangible asset deve essere iscritto in bilancio al costo al netto degli ammortamenti e delle eventuali perdite per riduzione di
valore;
− revaluation model, in base al quale un’attività immateriale può essere iscritta al suo fair value al netto dell’ammontare complessivo degli ammortamenti e delle perdite per riduzione di valore.




Vita utile e ammortamento


Suddividiamo la categoria delle attività immateriali in due fondamentali tipologie:
a. a vita utile finita;
b. a vita utile indefinita.
Si definisce vita utile la quantità di prodotti o unità similari derivanti dall’utilizzo dell’attività immateriale, oppure quell’intervallo di tempo durante il quale l’impresa si aspetta di ricevere flussi finanziari netti in entrata originati dalla disponibilità del bene.
Un’attività intangibile è annoverata come bene a vita utile “indefinita” quando non è possibile stabilire, sulla base di fattori rilevanti, un limite prevedibile al periodo in cui essa potrà essere utilizzata dall’entità economica.


Molteplici sono gli elementi che possono essere considerati per stabilire la natura della vita utile di un’attività immateriale; di seguito vengono illustrati quelli ritenuti fondamentali e citati dallo IAS 38158:
a. l’utilizzo atteso dell’attività da parte dell’impresa e se il bene possa essere eventualmente gestito in modo efficace da un altro gruppo dirigente dell’entità economica;
b. i cicli di vita produttiva caratteristici dell’attività e le informazioni pubbliche sulle stime della vita utile di attività analoghe utilizzate in modo simile;
c. l’obsolescenza tecnica, tecnologica, commerciale o di altro tipo;
d. la stabilità del settore economico di riferimento dell’attività e i cambiamenti inerenti alla domanda nel mercato dei prodotti e servizi generati dall’attività;
e. le azioni future dei concorrenti, di cui l’impresa ha conoscenza;
f. il livello delle spese di mantenimento per ottenere i benefici economici futuri attesi dall’attività e l’intenzione dell’impresa di raggiungere tale livello;
g. il periodo di controllo e i limiti legali o similari all’utilizzo dell’attività, quali le scadenze dei relativi contratti di locazione;
h. la dipendenza da altre attività dell’impresa, ossia la vita utile dell’attività può dipendere da quella di altre attività dell’entità economica.



− gli intangibles a vita utile finita devono essere sottoposti ad un processo di ammortamento ed eventualmente ad una verifica di valore (impairment test);

− gli intangibles a vita utile indefinita non sono soggetti ad ammortamento ma sono sottoposti, almeno una volta all’anno, all’impairment test, secondo quanto disposto dallo IAS 36.

Cos'è l'impairment test?


L’obiettivo della procedura di impairment test è quello evitare di iscrivere in bilancio attività con valori superiori rispetto alle utilità economiche derivanti all’impresa dall’uso diretto o dalla vendita della stesse.

Le principali tematiche affrontate dal suddetto principio:
– il valore recuperabile e la perdita di valore;
– la nozione di cash generating unit;
– la rilevazione della perdita e del ripristino di valore.



Alcune riflessioni a carattere generale sulle società quotate sulla Borsa Italiana.


Più di un terzo degli investimenti durevoli impiegati dall’azienda sono rappresentati da attività intangibili, comprensive del valore dell’avviamento.


L’avviamento risulta essere la componente preponderante della categoria intangibile.

La totalità delle immobilizzazioni immateriali è finanziata dal patrimonio netto.
È opportuno sottolineare che, diversamente dall’indice di rilevanza calcolato in rapporto all’attivo non corrente, la relazione tra attivo immobilizzato e patrimonio netto oscilla tra valori molto variabili a seconda della società considerata. Infatti, si possono rilevare alcuni casi limite in cui il peso degli asset è quattro o sette volte l’importo riferito al netto patrimoniale.


Tali situazioni non si possono considerare propriamente anomale, in quanto si rilevano diversi casi di questo genere. Solitamente, qualora si riscontrino rapporti fortemente squilibrati tra i valori analizzati, è frequente che la causa sia attribuibile al ridotto valore del patrimonio netto, piuttosto che alla elevata presenza di beni
immateriali.

Investimento medio in attività immateriali per settore


Finanziari 31,37%
Immobiliari 8,23%
Alimentari 42,14%
Auto 26,64%
Pubblica utilità 25,93%
Costruzioni 20,52%

Elettronici 35,06%
Impianti e macchine 39,18%
Tessile 34,29%
Editoriali 73,15%
Industriali diversi 29,61%
Industriali diversi 13,03%
Petroliferi 36,40%
Distribuzione 20,32%
Chimici 82,62%
Servizi diversi 16,40%
Trasporto 31,37%




















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